Da “il Biellese” di martedì 29 settembre 1908:
Ovviamente, quelli di Pratrivero c’erano tutti, dal medico condotto al parroco, dal farmacista e al direttore della banca più vicina… Coordinatore, chiamiamolo così, dell’incontro conviviale di quella domenica 27 settembre era Secondino Barberis Vignola, assessore comunale di Trivero. Purtroppo non fu possibile imbandire le mense sul posto, per mancanza di… materia prima. Adesso che c’era un lanificio, non c’era ancora un ristorante degno di questo nome. Un evento del genere non si poteva celebrare in una vinicola cooperativa o in una taverna qualsiasi. Così fu giocoforza predisporre a Valle Mosso.
La stazione di Valle Mosso e l’Albergo Centrale ai tempi del banchetto per il nuovo stabilimento Barberis Canonico.
Quante cose in così poche parole! I grandi nomi, gli onori accortamente distribuiti per ribadire le gerarchie, l’allusione alla strada da aprire. Non c’era banchetto ufficiale durante il quale non fosse evidenziato un bisogno degli imprenditori che lo Stato non era ancora riuscito a soddisfare. In questo caso un tratto viario che avrebbe addirittura redento, ossia liberato da peccato dell’isolamento stradale un territorio che tanto si stava dimostrando dinamico e fattivo. Prese la parola l’industriale mossese Alfonso Picco, “il quale con parola elegante scioglie un inno alato all’armonia della festa, alla attività dei pratriveresi, all’industria biellese e alla grandezza della Patria”. E poi toccò a don Ercole Debernardi, il parroco. Il sacerdote sottolineò la fratellanza che univa quell’agape ed esaltò Pratrivero
L’omelia di don Debernardi si era fatta notare, senza dubbio. Il farmacista Guelpa, capita l’antifona, fu brevissimo.
Umberto Pipia, professore all’Università di Genova e volto noto della politica non solo biellese, sapeva di toccare un nervo scoperto. Ma è sui nervi scoperti che si costruiva il consenso… Alla fine venne il turno di Giuseppe Barberis Canonico. Che non fosse un chiacchierone era notorio e la sua fama di uomo più di azioni che di orazioni non fu smentita. Pronunciò “brevi ma indovinate parole”. Probabilmente si limitò a ringraziare di cuore, ma con la mente già rivolta al giorno successivo, un lunedì, quando il lavoro avrebbe richiesto tutta la sua concentrazione. A maggior ragione con una fabbrica nuova da mandare avanti. Poco meno di duecento dipendenti, di cui 120 donne, che filavano, tessevano e, quasi sempre, tingevano cotone. In quel momento la lana non era la specialità della casa.
Quel “Comitato” non meglio definito doveva essere una via di mezzo tra una pro loco e un comitato civico che operava per Pratrivero. Chissà che mirasse anche alla “secessione” da Trivero, magari in combutta con Ponzone… In ogni caso, l’inaugurazione dello stabilimento di Giuseppe Barberis Canonico era un’occasione importante per dimostrare di essere all’altezza della situazione.
Giuseppe Barberis Canonico, che all’epoca aveva quarantotto anni e che ne aveva ancora trenta da vivere, era rimasto solo. Suo fratello Valerio non c’era più. Che fine aveva fatto è ancora da stabilire. Nelle cronache di quel 27 settembre 1908 non compare mai.
I mesi e gli anni successivi furono momenti di grande attività. Il nuovo stabilimento fu fin da subito oggetto di migliorie e di incremento delle macchine e degli impianti. Ma anche questa è un’altra storia.