Non è ancora un vecchio amico, ma conosciamo già l’abate Noël-Antoine Pluche. Sì, quello dello “Spectacle de la nature” del 1732. Le pagine di quella sua enciclopedia “in anticipo” non cessano di incuriosire, tra gravità filosofica e levità ironica. A un certo punto del suo elucubrare decise di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Sassolino messo lì da quei pensatori che esaltavano il “buon selvaggio”, lo “stato di natura”, il vivere naif senza regole e, ovviamente, senza indumenti.
Ritratto del conte di Vaudreuil, eseguito da Hubert Drouais nel 1758, National Gallery, Londra.
Sappiamo che l’undecimo “trattenimento” ha per titolo “L’abito dell’uomo” e dopo una breve dissertazione, il primo paragrafo è dedicato alla “Materia delle vesti”. Ma procediamo con ordine.
“Una certa filosofia, sempre mai singolare nelle sue mire, senza far alcun caso del concerto, che si trova tra l’esperienza di tante nazioni, ed il racconto della Scrittura, vorrebbe esentarci in parte da quelle leggi, e riferir tutto alla semplice necessità di mitigare le ingiurie dell’aria”. Come a dire che ci si veste solo per proteggerci dal freddo… Tolta questa necessità, i vestiti non servono a nulla, quindi tanto vale sbarazzarcene. “Nella poesia, e nella pittura hanno introdotta la moda quasi generale di omettere le vesti”, ma per l’abbé sussisteva un limite morale estremo che, purtroppo, la filosofia stava cercando di superare con il suo relativismo. In effetti, “essa del pari farà valere esempio dei filosofi cannibali, per introdurne tra noi l’immunità dalle incomode convenienze la libertà di contentare tutti i nostri appetiti, e l’utile pratica di mangiare i nostri nemici dopo avergli messi in gabbia, e largamente ingrassati”. Senza timore d’Iddio ci aspettava un avvenire da ignudi e antropofagi… Bisognava opporre la ragione ai sofismi scandalosi!
Un bel tipo, questo Pluche, con principi rigidi, ma con neuroni elastici, come dovevano essere i tessuti, capaci cioè di proteggere, ma anche di assecondare i movimenti. L’uomo aveva a disposizione la Natura e se ne doveva servire con cognizione, e senza arroganza, perché “la flessibilità e la consistenza delle sue vesti non sono, propriamente parlando, opera sua”. Le materie prime hanno già intrinsecamente certe caratteristiche, e l’uomo avveduto doveva conoscerle per meglio “metterle in opera”, cioè tesserle. “Nascono essere dalla solidità, e medesimamente dalla forza elastica, e dalla mobilità dei crini, della lanugine, dei peli di tutte le sorte di animali; o dei fili onde certi bruchi circondano la loro crisalide; o dei vermetti, che si staccano da certe cortecce; o dalla borra, che si cava dai baccelli di certi alberi”.
Pagine di un volume dell’archivio storico di Vitale Barberis Canonico con campioni di tessuto.
L’abate Pluche non era molto preoccupato per il fatto che i microscopi dei suoi tempi non avevano ancora svelato i prodigi di molte fibre. “Quegli, che ce le ha date, ci ha disobbligati dalla pena di studiarne la natura, gettandovi sopra un velo impenetrabile sino al dì d’oggi; ma ci ha invitati a esercitare la nostra industria sugli effetti, che ne derivano, ricompensandola con la riuscita”.
Scorrendo le tavole illustrative dello “Spectacle de la nature” appese lungo i corridoi del Lanificio Vitale Barberis Canonico sorge il sospetto che il mondo sarebbe davvero un posto più felice e semplice se bastasse filare, tessere, tingere, godendone i risultati, senza farsi troppe domande sul perché la lana, la seta, il cotone ecc. si comportano in un certo modo, anziché in un altro. Secondo il buon Pluche, bastava accontentarsi e adattarsi. Scienza e tecnologia, ma anche gusto e moda, sapevano fin troppo, non c’era nessuna urgenza di andare oltre. Progredire, certamente, ma senza esagerare… Il tempo ha dato torto all’abate enciclopedico. Per fortuna. Tradizione e innovazione sono le due facce della stessa medaglia di chi, come Vitale Barberis Canonico, conosce il suo passato e progetta il suo futuro in senso dinamico, con il microscopio e con la creatività.
Incontreremo ancora il nostro singolare intrattenitore. Il successivo paragrafo si intitola “I differenti drappi”, ed è tutto da scoprire.