Di quella fabbrica abbiamo anche un’altra “fotografia”, quella scattata dall’Associazione Italiana dell’Industria Laniera per compilare i suoi periodici “annuari”. Se nel 1926 la società in nome collettivo, con i suoi stabilimenti di Ponzone e Cressa Fontaneto (Novara), era nota per la “lavorazione completa filati e tessuti noti sotto il nome di «truppa» e di «motta», con produzione di filati con cascami di cotone“, esportati per lo più nelle Indie, America del Sud, Oriente e Tunisia, quella del 1934 aveva gli stabilimenti di Ponzone e di Cureggio (Novara) e si faceva apprezzare per la “lavorazione completa filati e tessuti misti lana e cotone, cotone e cascami; stoffe per calzoni e cardati di fantasia“. Aveva ampliato il già ampio orizzonte dell’export, cioè “verso tutti i paesi”. La forza lavoro era assicurata da 75 uomini, 70 donne e 2 impiegati. La forza motrice (elettrica) era di 100 HP. Scalo ferroviario a Pianceri (Pray) e a Valle Mosso.
Pratrivero in una cartolina degli Anni ’30. A destra si riconosce la piccola ciminiera del Lanificio Vitale Barberis Canonico.
Quindi un assetto che offriva una certa garanzia, ma il 1935 fu un anno complicato e il 1936 fu un anno difficile. La ditta Vitale Barberis Canonico nasceva in quel 1936, ovvero in un momento storico travagliato: le sanzioni economiche al Regno d’Italia, la guerra nel Corno d’Africa e in Spagna, l’instabilità politica generale… Appena avvenuta la divisione societaria dal fratello, il signor Vitale Barberis Canonico, che diede nome alla propria azienda, fu costretto a sospendere temporaneamente la produzione per carenza di materia prima. Quella serrata ebbe, però, l’effetto positivo sperato. Il 1937 iniziò con la ripresa, che i giornali salutarono così: “Dove c’è lavoro c’è pane: così piace esprimerci, riferendoci alla bella notizia della riapertura a Pratrivero di due stabilimenti industriali dei sigg. Fratelli Oreste e Vitale Barberis Canonico. Le nostre maestranze, obbligate da tanti mesi ad un forzato risposo se ne allietano oggi vivamente, vedendo come il loro giusto sogno di onesto lavoro vada compiendosi”.
A dire il vero, non molto, ma Era quello il tempo del massimo consenso al regime. Gli italiani erano fiduciosi. Poveri, ma fiduciosi. Tessuti e abbigliamento testimoniavano la situazione. I colori si spengono, le fibre autarchiche smorzano la brillantezza della pura lana, i tessuti diventano sabbiosi. Nell’Archivio Storico i campionari Botto e Tonella di quegli anni italianizzano i nomi degli articoli, ma il nazionalismo non sempre aiuta lo stile. A Parigi i toni restano squillanti, fin troppo, date le circostanze.
Dal volume “Inverno 1937” (Lanificio Giovanni Tonella).
Dal volume “Inverno 1937” (Lanificio Albino Botto). Da notare il riferimento a Isaia Levi: potrebbe trattarsi del fondatore della ditta “Penne Aurora”.
All’inizio di novembre del 1938, si spense Giuseppe Barberis Canonico. Da tempo la sua figura non era più quella della guida, ma del padre nobile di tante aziende nate dalla sua. “Nella veneranda età di 78 anni ha conchiuso la sua operosa giornata terrena il cav. Giuseppe Barberis Canonico, industriale del nostro paese. La notizia della morte diffusasi rapidamente in paese ed anche fuori ha suscitato immediatamente profondo rincrescimento. Giuseppe Barberis Canonico era notissimo. Biellese del vecchio ceppo riassumeva in sè le virtù più caratteristiche della nostra terra. Tenace, laborioso, animato da una volontà che non conosceva barriere, Giuseppe Barberis Canonico aveva iniziato, molti anni fa, la sua carriera. Operaio dapprima, capo reparto poi e piccolo industriale in seguito, egli sapeva con la propria intelligenza e con la sua intraprendente volontà creare un organismo che costituisce oggi onore e vanto non soltanto per la nostra regione, ma per l’industria nazionale. Alla sua memoria noi porgiamo il nostro riverente saluto, mentre esprimiamo ai congiunti i sensi del più vivo nostro cordoglio”. Così “Il Popolo Biellese” del 3 novembre 1938.
Qualche settimana dopo, lo stesso giornale riportò che “già si è detto del largo, unanime compianto suscitato in mezzo alla popolazione prativerese, dalla dipartita del cav. Giuseppe Barberis Canonico, attivo ed intelligente industriale che non tra lasciò, in vita, occasione alcuna per beneficare le istituzioni del suo paese. Ad accrescere i sensi di riconoscenza del popolo per la memoria dello scomparso è giunta ieri la notizia che il cav. Barberis Canonico, morendo, ha destinato con suo testamento olografo la cospicua somma di 300 mila lire al locale Asilo Infantile, il quale, proprio in questi giorni, compii il suo quarantesimo anno di esistenza”.
Il 9 agosto 1939 Vitale fu nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Prendeva idealmente il posto del padre. Un cerchio si chiudeva e un altro si apriva. Con idee di innovazione e rispetto per la tradizione. Ecco perché, nel novembre del 1941, “nella fausta ricorrenza della nascita del suo secondogenito, avvenuta nelle prime ore del giorno 4 corr. – 23° anniversario della Vittoria – il Cav. Vitale Barberis Canonico ha voluto erogare a tutti i suoi dipendenti una giornata di paga. Mentre la maestranza tutta porge al Cav. Vitale i più sentiti ringraziamenti, invia alla gentile sua signora vivissime felicitazioni ed al futuro Balilla auguri di un radioso avvenire”. L’Italia era in guerra da un anno e mezzo. Le facili conquiste si erano rivelate tali solo a parole. La moda cedeva il passo all’emergenza e alla miseria.