Il moderno stabilimento produttivo di Vitale Barberis Canonico lungo il Sessera ha origini antiche. Una storia interessante si cela tra quei vetusti edifici e quegli impianti avveniristici. Giovanni Maria Tonella (1852-1907), il fondatore dell’azienda dalla quale Vitale Barberis Canonico ha acquisito gli stabili nel 2001, aveva lasciato Cereie di Trivero all’inizio del Novecento per ricominciare. Si dice così – non è vero? – quando si cerca un’altra possibilità altrove, dopo un periodo sfavorevole. A seguito del fallimento della sua prima impresa, Giovanni Maria aveva capito che gli serviva più forza motrice e più superficie. La zona di Flecchia (all’epoca esisteva il Comune di Flecchia e quella zona era parte del suo territorio, mentre oggi si trova nel Comune di Pray) sulla sponda destra del Sessera faceva al caso suo. Il desiderio di una fabbrica degna di questo nome incontrò la necessità di un altro imprenditore triverese, Pietro Piantino, di cedere in locazione un edificio perfettamente funzionante. Pietro Piantino, coscritto di Giovanni Maria Tonella, aveva costruito il lanificio di Flecchia attorno al 1880, dopo aver avviato la sua attività nella frazione Botto di Trivero. I suoi fratelli, Ottavio Antonio e Celestino, avevano a loro volta edificato un opificio tessile a due passi da quello di Pietro, verso il 1885. Si tratta del fabbricato tuttora esistente, ma in stato di abbandono, proprio di fronte al cancello della fabbrica Vitale Barberis Canonico, sull’altro lato della strada.
Il discorso è un po’ complicato, ma vale la pena di seguirne il filo, perché riserva particolari curiosi. E, soprattutto, svela quella trama fitta di rapporti e di vicinanze tra grandi e piccoli industriali che, in quei tempi, stavano tessendo il loro splendido avvenire.
Ottavio Antonio Piantino morì a soli venticinque anni, nel 1888. Suo fratello Celestino, nato nel 1871, aveva diciassette anni e non era in grado di gestire un’azienda. Fu così che, con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle rimaste, affittò a più riprese lo stabile. Nei primi anni del Novecento, dopo aver sposato la vedova del fratello, Marietta Zignone (figlia del Carlo Zignone allora titolare della “Fabbrica della Ruota”), sottoscrisse un contratto d’affitto con Giuseppe Barberis Canonico e, più precisamente, con suo fratello Valerio. Ecco quindi svelato l’arcano della sede ausiliaria del lanificio di Pratrivero. Proprio così: i Barberis Canonico erano già attivi da quelle parti verso il 1902, solo che occupavano non l’attuale stabilimento, ma quello dirimpetto. Tale situazione ebbe termine con la Grande Guerra. E nel 1920 la fabbrica fu venduta alla ditta Trabaldo Pietro Togna.
Tornando a Giovanni Maria Tonella si deve precisare che, verso il 1902, ricevette da Pietro Piantino solo una porzione di edifici. Il resto era stato affittato ad Angelo Zegna Baruffa, cioè il padre di Ermenegildo Zegna che lì aveva cominciato a far muovere i suoi telai dopo essersi guadagnato il pane come maestro elementare e orologiaio. Un coinquilino, col senno di poi, di tutto rispetto!
Inserzione pubblicitaria della ditta Giovanni Maria Tonella & Figli degli anni Venti: al corpo originario in stile manchesteriano (sulla destra) si erano già aggiunti i capannoni a shed. Da notare, in primo piano in basso, le ramme per l’asciugatura delle pezze.
Mentre Angelo Zegna Baruffa tornava a Trivero già nel 1906, i Tonella restarono in loco. L’anno seguente, il 19 settembre, moriva Giovanni Maria Tonella. Il 9 maggio aveva costituito una società in nome collettivo con i figli Adolfo, Gennaro ed Enrico. Prima di andarsene, forse presagendo la fine imminente, aveva voluto sistemare le cose. Quattro soci, quarantamila lire di capitale sociale. Un sodalizio, fondato di fronte al notaio Giuseppe Sandretti di Borgosesia, finalizzato alla “fabbricazione e commercio di drapperie”.
I figli di Giovanni Maria si mossero subito bene cercando di consolidare la loro capacità produttiva, ma senza uscire dal solco dello “stile” dettato dal padre. L’Archivio Storico Vitale Barberis Canonico testimonia una certa coerenza, ma con spirito di innovazione. Il campionario dell’inverno 1912 suggerisce esattamente questo.
Proprio nel 1912, Adolfo (1878-1949), Gennaro (1881-1935) ed Enrico (1885-1960), ai quali si unì anche il giovane Valerio (1889-1936), costituirono una società con il cugino Guido sotto la ragione sociale “Filatura Tonella”, con sede in Pray (probabilmente nello stesso complesso del lanificio che, in realtà, era a Flecchia). La “Filatura Tonella”, specializzata nella “filatura di lana e cotone, e vendita di filati” durò solo due anni, ma resta un segnale di vitalità dell’azienda.
Campionario “Giovanni Tonella & Figli” inverno 1912.
Nel 1918 i titolari della “Giovanni Tonella & Figli” acquistarono la fabbrica che tenevano in affitto. Il vecchio lanificio dei Piantino diventava loro a tutti gli effetti.
Nel “Elenco delle organizzazioni industriali e delle ditte associate” della Federazione Industriale Biellese pubblicato nel 1924 si legge che il “Lanificio Giovanni Tonella & Figli” si dedicava alla “fabbricazione di tessuti di lana, ed in particolare paletots doublefaces, panni, beawer, stoffe cardate pettinate e miste”. Due anni dopo la Associazione Italiana dell’Industria Laniera indicava nel suo “Annuario Generale” che i Tonella si occupavano di “filatura cardata per conto proprio, tessitura, tintoria e rifinitura dei tessuti di lana, stoffe per pastrano doppio verso, ratinée, beaver, panni, cardati fantasia”.
Il Fascismo aveva già cominciato l’italianizzazione forzata anche della terminologia tessile: i paletots doublefaces erano stati trasformati in pastrano doppio verso… Processo di traduzione che si completerà nel giro di qualche anno. Infatti, nel “Annuario Generale della Laniera” del 1934. Produzione: “Filatura cardata per conto proprio, tessitura, tintoria. Tessuti di lana cardata e pettinata; stoffe per pastrani, doppio verso, ratinati, castoro, panni, cardati di fantasia in genere”. In quel momento i fratelli Tonella potevano contare su una forza lavoro di 300 operai, su 3700 fusi da cardato e 100 telai. Il tutto mosso da una forza motrice composta da 30 cavalli idraulici e 150 elettrici.
Presso il Centro di Documentazione dell’Industria Tessile del DocBi Centro Studi Biellesi (Fabbrica della Ruota) si conservano alcune fotografie dell’epoca fascista. Eccone un paio.
“Lanificio Giovanni Tonella & Figli” durante il Fascismo, quando “la salvezza della Patria sta nel lavoro e nella disciplina”.
Nel 1959 la fabbrica fu interessata da un ampliamento del salone di finissaggio (progetto degli architetti Graziosi e Morbelli, e dell’ingegner Mancini, piuttosto attivi all’epoca nel Biellese tessile in sensibile espansione), mentre nel 1968 l’alluvione che colpì il Biellese orientale danneggiò gli stabili più vicini al Sessera. Nel frattempo, la produzione non era cambiata di molto, mentre già nel 1962 alla guida dell’azienda erano arrivati i figli di Enrico, Ermanno e Giovanni. Adolfo e Gennaro non avevano avuto eredi.
Negli anni Ottanta si registrò un ultimo passaggio generazionale, quando già “la collezione si era ampliata e comprendeva stoffe per berretti e calzoni, flanella, foderami in lana e con lana; prodotti destinati alle forniture civili, militari, ma anche stoffe per religiosi”, come si legge sul sito giovannitonella.it. In effetti, dalla stessa fonte, si apprende che “oltre a produrre per il mercato italiano, il Lanificio aveva una vocazione internazionale e fin dagli anni Sessanta i propri tessuti erano esportati in Germania, Olanda, Francia, Austria e Svizzera”. Vitale Barberis Canonico ha portato un ulteriore cambiamento, ormai ventennale. Ma questa evoluzione non ha cancellato un passato importante e assolutamente da preservare. La storia dei Tonella si è intrecciata con quella di Vitale Barberis Canonico e ormai la trama degli uni e la catena dell’altro hanno formato un tessuto pregiato e robusto.
Campionario “Giovanni Tonella & Figli” estate 2003, l’ultimo firmato dalla ditta di Pray tra quelli conservati nell’Archivio Storico Vitale Barberis Canonico.